Droga “porta a porta” in lockdown: dosi pagate anche con Reddito cittadinanza - Le Cronache
Cronaca

Droga “porta a porta” in lockdown: dosi pagate anche con Reddito cittadinanza

Droga “porta a porta” in lockdown: dosi pagate anche con Reddito cittadinanza

di Pina Ferro

Cè anche il salernitano Tiziano Memoli, 49 anni, tra gli arrestati per spaccio di droga nel corso di un blitz posto a segno dal comando provinciale dei carabinieri di Avellino. Una delle piazze di approvvigionamento dello stupefacente era Pellezzano. Sgominata ad Avellino una organizzazione dedita allo spaccio e alla produzione di sostanze stupefacenti che venivano recapitate ai clienti, una sessantina, direttamente a casa nonostante le restrizioni agli spostamenti imposte dall’emergenza sanitaria durante il lockdown. L’operazione “Delivery”, come è stata definita dagli inquirenti, è scattata all’alba di ieri e ha visto in azione 150 carabinieri del Comando provinciale di Avellino guidato dal colonnello Luigi Bramati che hanno eseguito 19 misure cautelari nei confronti di altrettanti indagati firmate dal Giudice per le indagini preliminari Fabrizio Ciccone del tribunale di Avellino su richiesta della locale Procura, che ha coordinato le indagini. Sedici persone sono state arrestate, 3 in carcere e 13 ai domiciliari, mentre per altre tre è stato disposto l’obbligo di dimora. Tra i clienti anche percettori del reddito di cittadinanza: non disponendo di denaro contante, si impegnavano a pagare l’acquisto delle dosi al momento dell’accredito del beneficio. L’organizzazione composta da persone tra i 20 e i 65 anni residenti in maggioranza in Irpinia ma anche nelle province di Caserta e Salerno, riforniva i clienti di cocaina, marijuana e hashish che nei colloqui telefonici diventavano “fili elettrici”, “prosciutto crudo”, “birra”, “caffe’”. Utilizzando vari stratagemmi, consegnavano le dosi a domicilio eludendo i controlli disposti durante il lockdown allo spostamento delle persone. La stessa organizzazione aveva allestito tre laboratori artigianali nei quali con rudimentali attrezzature veniva sintetizzata la cocaina per produrre il crack. Le indagini, cominciate nel novembre del 2019, si sono avvalse di riscontri oggettivi ricavati da pedinamenti e servizi di osservazione che hanno consentito di ricostruire l’attività dei
pusher. Tra questi si distinguevano i più giovani, particolarmente
duri e determinati nel minacciare i clienti in ritardo con i pagamenti. Dovranno rispondere anche di estorsione oltre che di detenzione, produzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Il fascicolo investigativo è stato aperto nel 2019, durante l’indagine su un tentato omicidio avvenuto il 27 ottobre 2019. Intercettando il sospettato principale si è scoperta una rete di clienti e fornitori che gestiva un giro di spaccio di hashish, cocaina, crack e marijuana tra Napoli, Salerno e l’Irpinia. L’ipotesi dell’organizzazione criminale al momento non è contemplata. Si tratta piuttosto di piccoli gruppi criminali slegati tra loro, composti per lo più da incensurati e qualche pregiudicato. Lo spaccio, infatti, che in alcuni casi avveniva anche tramite una minore, usata come intermediaria, era “un mezzo evidente di sostentamento”. Secondo il procuratore Vincenzo D’Onofrio, proprio il numero dei clienti, insieme a quello degli indagati, ha contribuito a ‘fotografare’ la situazione in una realtà non densamente popolata. E da questa operazione, per la prima volta in Irpinia, sono stati individuati tre laboratori artigianali dove veniva sintentizzata cocaina per produzione di crack.