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Don Natale Scarpitta: «Anche la Chiesa farà la sua parte»

di Giovanna Naddeo
Evitare contatti ravvicinati come il segno della pace, ricevere la comunione sulla mano, sospendere gli incontri di catechismo. Sono solo alcune delle disposizioni predisposte dalla Conferenza Episcopale Italiana sulla scia del Decreto firmato dal premier Giuseppe Conte nella serata di mercoledì in seguito al forte incremento di contagi da Coronavirus. Misure condivise anche da don Natale Scarpitta, parroco della chiesa di “San Giuseppe Lavoratore”.
Don Natale, un commento sulle misure adottate.
«Sono un sacerdote e non ho le conoscenze per valutare i provvedimenti adottati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Credo nella scienza, però, e ho grande fiducia nei virologi, negli epidemiologi, nei medici. Si stanno battendo per salvaguardare la salute di tutti noi e dobbiamo essere grati: sono autentici eroi, soprattutto coloro che lottano in prima linea negli ospedali delle regioni più colpite. Dal mio punto di vista, di sacerdote, posso dare il mio contributo con la preghiera e ricordando a tutti che c’è un Dio che ci ama e che ci aiuterà anche questa volta. La Chiesa farà la sua parte. In alcune diocesi per esempio si potrà celebrare solo in privato, in altre sono stati presi accorgimenti per le celebrazioni. Nella nostra regione, dove l’allarme sembra meno grave, si continueranno a celebrare le Messe, ad adorare l’Eucarestia e recitare il Rosario. Sono state invece sospese le lezioni di catechismo, le attività oratoriali, tutte le iniziative formative, culturali e artistiche. Anche la Chiesa è chiamata a dare il proprio contributo e, in questo senso, è fondamentale, così come indicato dall’Arcivescovo Andrea Bellandi, la distribuzione della Comunione sulla mano, lo svuotamento delle acquasantiere, l’omissione dello scambio della pace. Siamo chiamati a infondere coraggio alle persone, soprattutto in questo frangente storico. I Vescovi italiani ci hanno chiesto di “ritrovare motivi di realismo, di fiducia e di speranza, che consentano di affrontare insieme questa difficile situazione”.
Ci sono casi in passato di restrizioni simili?
«Sì. E’ successo anche in passato. Le faccio l’esempio del venerabile Angelo Ramazzotti, santo vescovo di Pavia di cui è in corso la causa di beatificazione. Durante l’epidemia di colera del 1854, dispose di non distribuire la comunione ai moribondi. All’epoca la scienza non era così all’avanguardia come oggi. Eppure, da pastore avveduto, si era accorto che la malattia si diffondeva anche durante l’amministrazione del sacramento dell’unzione degli infermi».
Siamo in periodo quaresimale, denso di appuntamenti. Pasqua a rischio?
«Spero proprio di no. Preghiamo perché tutto passi presto e si possa vivere la Pasqua nella serenità e gioia di sempre, con le nostre belle tradizioni. Dopo la Quaresima, dopo il Venerdì Santo, c’è sempre la Risurrezione».