Gran parte delle pasticcerie salernitane resteranno chiuse lunedì. Non conviene, ma è anche difficile, eseguire consegne a domicilio per i prodotti pasticcieri, vuoi per tradizione ma anche ai fini della praticità. Improbabile poter fare al momento singoli dolci per eventuali consegne e nemmeno è plausibile preparare l’allestimento di un’ipotetica vetrina, quando non si è sicuri di smaltire quasi per intero quanto si è preparato all’origine. Insomma, il reso potrebbe diventare maggiore del venduto e la qualità della freschezza del prodotto non permette che lo stesso possa essere posto in vendita a distanza di ventiquattro ore. Insomma, i pasticcieri salernitani, ma anche i napoletani, resteranno a casa anche lunedì, nell’attesa delle disposizioni del governo centrale con il decreto di termine del lungo lockdown. «La nostra tipologia è differente rispetto a ristoranti e pizzerie. – avverte Giuseppe Faiella dell’omonima pasticceria – E’ anche questione di una certa tradizione, con il cliente che è abituato a comprare dopo aver visto in esposizione il dolce che desidera. Non ci siamo proprio, e come me anche tanti altri pasticcieri salernitani, non alzeranno la saracinesca. Del resto non potevamo alzarla per decreto del Governo e tale resterà». Ma quello che non convince gli artigiani del dolce è la mole di misure di prevenzione che dovranno essere adottate per la riapertura. «D’accordo la sicurezza e la necessità di evitare di incorrere in altri contagi ma rischiamo di esagerare. – riprende Faiella – Ho letto le disposizioni e non mi sembra di averle viste in essere in questi giorni di quarantena negli esercizi commerciali che sono restate regolarmente aperte. Normative anche giustificate che potrebbero portare un allontanamento del cliente dalle nostre botteghe artigianali. Ma mi chiedo, queste disposizioni sono tutte valide ora, e prima? Perché si è permesso agli altri di lavorare senza osservare questi protocolli che adesso sono dettati a noi?» Regna l’incertezza, con la categoria che non vuole aggiungere altre perdite a quelle già subite. «Ci siamo astenuti all’apertura perché non l’abbiamo trovata un’ordinanza adatta a noi pasticcerie e bar. Quasi come fosse un’arma per finirci di affondare perché per avviare un’attività, si devono affrontare altre spese e se non hai un minimo di certezze negli incassi non conviene alzare le serrande. Aspettiamo un decreto che faccia almeno entrare i clienti, con tutti i canoni della sicurezza. Ma vendite su prenotazione, online e quant’altro non riteniamo che possano essere fatte».
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