D’Angelo: «La 194 va applicata in toto» - Le Cronache
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D’Angelo: «La 194 va applicata in toto»

D’Angelo: «La 194 va applicata in toto»

Vittorio Cicalese

Da un lato una “pratica” che ancora tiene testa sul banco delle interpretazioni, dall’altro la necessità di una risposta – variabile, caso per caso . Prima di parlare di una riforma della 194, bisognerebbe chiederne una piena e completa applicazione, come riferitoci dal presidente dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Salerno, dott. Giovanni D’Angelo.

Salerno e le sue strutture ospedaliere hanno molti obiettori di coscienza.

«Mi pare sia un’espressione di democrazia, che rientra nel pieno diritto dei medici direttamente coinvolti nella pratica in oggetto. Non è scritto da nessuna parte che si possa obbligare i medici ad essere inevitabilmente pronti ad intervenire in caso di richiesta da parte della cittadinanza; si tratta di una pratica molto particolare, che non possiamo sottovalutare e ridurre a mero intervento di routine. Inoltre, va evidenziato quanto l’aborto abbia un peso specifico variabile, da caso a caso e i medici dovrebbero avere la necessità di valutare la correttezza etico-giuridica di ciascuna scelta opportunita’ senza dare adito ad apriorismi evitabili».

Il numero degli interventi “intra-moenia” o privati che siano vanno monitorati.

«Il vero punto dolens della questione non e’ la revisione della legge ma la sua corretta e completa applicazione. Allo stato attuale delle cose, chi decide di praticare l’aborto puo’ non trovare riscontro nella struttura di riferimento, ritrovandosi a far fronte con un sistema che costringe alla richiesta di intervento presso struttura privata che, in alcuni casi, può anche non garantire una “tracciabilità” degli interventi. Non si ha, così, la percezione di quanti casi di aborto siano stati trattati con un intervento, quanti aborti siano stati gestiti poi senza che il percorso pre e postaborto sia stato effettivamente realizzato e seguito. È questo il vulnus: la legge 194 va applicata totalmente. È inutile dare la sensazione che ci sia apertura verso l’interruzione di gravidanza se poi non ci sono garanzie sui percorsi che la diretta interessata, per motivi sempre diversi, dovrebbe avere nel Sistema Sanitario Nazionale, troppe volte incolpevolmente privo di percorsi adeguati atti a garantire una piena consapevolezza della scelta».

Le ragioni sono tante.

«Se la ragione e’ legata ai costi questo non puo’essere accettato, soprattutto nella sanità pubblica Abbiamo troppi casi di gravidanze interrotte in malo modo, senza che ci sia stata la piena presa di coscienza da parte della futura madre, che avrebbero richiesto sia prima sia dopo un supporto psicologico e sociale che non c’è mai stato. Abbiamo casi di ragazze costrette ad abortire solamente perche’ troppo giovani e/o per mancanza di supporto economico proveniente dalla propria famiglia, o dal proprio lavoro. Ecco, su questo bisogna lavorare: garantire a chi approccia questa terribile scelta tutto il sostegno possibile, perche’ si tratta del rispetto del diritto a vivere da parte del nascituro. Chi ha problemi di natura economica, e soltanto per questa ragione vorrebbe interrompere la propria gravidanza, necessita di sostegno. Chi ha subìto una violenza, caso assurdo di cui purtroppo sempre piu’ frequentemente ci troviamo a parlare, non può invece ritrovarsi in una struttura pubblica che abbia difficolta’ ad ascoltare, che non possa dare speranza di soluzione ad un problema che non scaturisce da una necessita’ medica o di equilibrio psico-sociale ma dal senso dell’abbandono e dall’incertezza del futuro».