Cinema, mostruosità e maschere per la chiusura di Mutaverso - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Cinema, mostruosità e maschere per la chiusura di Mutaverso

Cinema, mostruosità e maschere per la chiusura di Mutaverso

 

Questa sera alle ore 21 gran finale della stagione promossa da Vincenzo Albano con Renato Cuocolo e Roberta Bosetti sul palcoscenico della Sala Pasolini

 

Amadeus

La compagnia internazionale italo-australiana “Cuocolo Bosetti / Iraa Theatre”, chiude questa sera, alle ore 21, sul palcoscenico della Sala Pasolini, la stagione teatrale “Mutaverso Teatro”, ideata e diretta da Vincenzo Albano. Si tratta dell’ultimo lavoro della compagnia italo-australiana Iraa Theatre, creato in residenza artistica negli spazi della Fondazione Merz di Pistoia, che l’ha voluta ospite per un mese, per presentarne tre spettacoli e un laboratorio. Fra le prime e più seguite compagnie italiane a utilizzare gli spazi privati come scena teatrale, questa volta, con MM&M, Cuocolo/Bosetti entrano nei teatri e nelle gallerie d’arte ed esplorano la nostra autobiografia di spettatori, le immagini cinematografiche che compongono la nostra storia. Il teatro racconta il cinema attraverso lo sguardo dello spettatore: una specie di cortocircuito semantico che forse dice che l’arte, quale che sia il linguaggio di cui si avvale, se riesce a “parlarci”, diventa parte di noi, che invecchiamo, arricchendoci, con lei. Il teatro di Cuocolo/Bosetti, da sempre, è un sovrapporsi di realtà/finzione, attore/personaggio, vita/teatro e qui, dalla sala, il pubblico assiste ad un lavoro teatrale ma anche al film di un’autobiografia proiettato su un grande schermo alle spalle di Roberta Bosetti, composto anche dai fotogrammi che in quel momento Renato Cuocolo sta girando di lei. Un’esperienza visiva che travalica il codice del palcoscenico. Come in The Walk, il penultimo spettacolo della Compagnia, ogni tanto Bosetti ripete la frase “questa è la mia voce” e chi la guarda non sa più se quella che sente è la propria, di voce, o quella dell’attrice, non sa più chi è a farsi quella domanda, se l’interprete è portavoce del nostro inconscio o di se stessa. Tutto si confonde, i piani si intersecano: il dialogo è fra l’attore e lo spettatore, tra lo spettatore e se stesso ma anche fra l’attore e i personaggi dei film che scorrono sul fondo, che intervengono ad esempio, per dire la loro sulla vita e le decisioni nella vera biografia di Roberta Bosetti. Esiste una autobiografia di noi come spettatori. Il film è un pezzo di vita di ciascuno spettatore. E i titoli di coda, le luci che si riaccendono in sala segnano la fine di un frammento di esistenza vissuto guardando uno schermo. Il cinema, nella nostra storia personale, rappresenta una nuova dimensione dell’esperienza. Un luogo in cui il fantastico si fa verosimile, anzi quotidiano. Un luogo che muta la nostra percezione della realtà e di noi stessi: quella conscia e quella inconscia, i sogni e i ricordi. Le memorie si impastano di immagini e la percezione del passato, non solo quello personale, ma anche quello collettivo, è tinta di bianco e nero o dei colori caldi degli anni cinquanta e sessanta, l’età dell’oro della cinofilia. MM&M è un viaggio dai confini incerti, fra i sentimenti che proviamo e quelli che scegliamo di rappresentare, fra quello che pensiamo di essere e quello che siamo costretti ad essere. Dicono Cuocolo/Bosetti: “I racconti degli altri, i film, la televisione, i libri, le immagini, insieme ai nostri genitori ci hanno tirati su, ci hanno intrattenuto, confortato, imbrogliato, disciplinato e ci hanno detto che cosa potevamo e che cosa non potevamo fare. E hanno giocato un ruolo importante nel trasformarci, non in una persona, ma in tutte le persone buone o cattive che ci sono arrivate attraverso quello che abbiamo letto, visto e ascoltato. Abbiamo un teatro nella testa.” E il finale di questo “film a teatro”? Ancora Cuocolo/Bosetti: “Vogliamo sempre sapere come finisce, perché tutta questa enfasi sulla fine?”