Carlo Pisacane: l'Italia degli Italiani - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Carlo Pisacane: l’Italia degli Italiani

Carlo Pisacane: l’Italia degli Italiani

Bagno di folla per il regista Gaetano Stella e per il neo-eletto sindaco di Sapri Antonio Gentile, che hanno riportato sulla spiaggia di Brizzi l’entusiasmo per il nostro Risorgimento

 

Di Olga Chieffi

 Dopo cinque anni di fermo, è ritornata la notte dello sbarco di Carlo Pisacane a Sapri. Fortemente voluta dal neo-eletto sindaco Antonio Gentile, dopo una campagna elettorale combattuta casa per casa e una specie di liberazione della perla del golfo di Policastro, da cariatidi politiche che hanno diroccato la cittadina in lungo lasso di tempo di alterne vicende lo sbarco che ha salutato una eccezionale partecipazione di pubblico, è stato avviato dal sindaco con l’evocazione del sogno di libertà. In cabina di regia, Gaetano Stella, che nell’ultima rievocazione, sorprendemmo marciare sul ponte di Brizzi insieme agli attori e alle comparse della sua compagnia, ha voluto rappresentare l’impresa di Carlo Pisacane, attraverso gli occhi del mozzo di bordo del Cagliari Domenico Costa. Sulla spiaggia del golfo di Sapri è sbarcato proprio un Pisacane, Giuseppe, figlio di Andrea e nipote di Carlo, suo trisavolo, 160 anni dopo quel 27 giugno. La giornata dello sbarco è stata inaugurata dal lungo corteo in costume, in cui sono stati rappresentati tutte le classi sociali dell’epoca, nobili, borghesi, contadini, artigiani, maggiorenti dell’ e il clero, con comparse del paese, che tengono a conoscere e calarsi nella propria storia. Sulla spiaggia di Brizzi, intorno alle 22, la rievocazione, principiata sulle note dell’ouverture del Nabucco, una storia molto rapida. Pisacane partì alla fine di giugno del 1857 da Genova. Dopo essersi impossessato del Cagliari, il piroscafo dove viaggiava con i suoi compagni sotto mentite spoglie, effettuò un rapido blitz nel carcere borbonico di Ponza, arruolando alcune centinaia di militari in punizione e di galeotti, la nave stracarica partì per Sapri. Lo sbarco fu seguito da una effimera sparatoria con le Guardie Urbane della cittadina, che scapparono subito. Quindi, la colonna di Pisacane iniziò la sua marcia verso l’interno, sperava di trovare folle di rivoluzionari ma non incontrò nessuno. I rivoltosi arrivarono al Fortino, incrocio tra Campania, Basilicata e Calabria. I due principali collaboratori del colonnello Pisacane, meridionali come lui, Giovanni Nicotera e Giovan Battista Falcone, volevano deviare per la Calabria (protagonista della rivoluzione del ’48) o per la Basilicata (da Lagonegro erano arrivati dei corrieri liberali per cercare gli sbarcati perché avevano intuito qualcosa dal telegrafo borbonico), infatti, i due giovani rivoluzionari si resero conto che nessuno sapeva cosa faceva lì quel gruppo di galeotti guidato da barbuti rivoluzionari. Pisacane non voleva sentire ragioni e decise di mantenere fede al suo piano. Nel frattempo, nell’Alta Italia, agitatori mazziniani avrebbero dovuto dar vita a rivolte a Genova e a Livorno per trasformare la Spedizione in un grande moto nazionale. A Napoli non succedeva nulla. Più grave e drammatico fu l’epilogo del tentativo nel Regno delle Due Sicilie. La reazione delle istituzioni borboniche era stata straordinariamente efficiente. Il 30 giugno regolari e paramilitari borbonici erano radunati per farla finita con i sovversivi e aspettavano i rinforzi che stavano arrivando da ogni dove. Lo stesso giorno Pisacane era a Padula. Il giorno dopo la battaglia iniziò senza nessun amico all’orizzonte. Pisacane spiegò i suoi uomini a semicerchio su una collina che dominava il paese. Iniziò un acceso fuoco di fucileria con la Guardia Urbana e con la Gendarmeria borbonica di De Liguoro. I suoi uomini, disperati, non mancarono di coraggio, battendosi lanciando le grida sediziose di viva l’Italia, viva la libertá. La resistenza crollò quando arrivarono i rinforzi borbonici. “Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti”, sulla falsariga della poesia di Luigi Mercantini “La spigolatrice di Sapri”, interpretata magistralmente da Serena Stella, si è svolta l’azione, con la battaglia finale affidata agli Archibugieri Santissimo Sacramento di Cava de’ Tirreni, (anche se con armi di oltre tre secoli prima) con la partecipazione speciale del cantante Tommaso Fichele, protagonista di tre melodie dedicate al tricolore. Dall’esempio di Carlo Pisacane, che è bene rievocare comunque, lo scavo nella coscienza individuale del sentimento di un personalissimo diritto che è volontà, che è scelta, che è lotta, che sono state le caratteristiche delle condotte moralmente irreprensibili, guidate da un’idea mai tradita, fino all’estremo sacrificio da Socrate a Gesù Cristo. Il nostro richiamo finale è a una società capace di coniugare la giustizia dell’essere con quella dell’avere, che sottenda, alle radici, il ripristino di un reale potere immaginativo, nel quale l’idea del bello si ricongiunga, alla fine, con quella del bene. Gli slanci di rivolta a una statica condizione storica devono maturare all’interno di una riflessione, che, mentre rifiuta ogni logoro vittimismo, si protende all’orizzonte della speranza, magari cercando di ricordare tutti insieme i versi di Mercantini.