Brownlee & Spyres: l’eredità americana di Don Enrico - Le Cronache
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Brownlee & Spyres: l’eredità americana di Don Enrico

Brownlee & Spyres: l’eredità americana di Don Enrico

di Olga Chieffi

Due tenori americani sono i protagonisti dell’atto finale dell’omaggio ad Enrico Caruso, che andrà in scena stasera, alle ore 20, sul Belvedere di Villa Rufolo. Lawrence Brownlee e Michael Spyres, rappresentano il seme gettato da Don Enrico oltreoceano. Due voci complementari che si sfideranno in un duel tra amici veri, ricordandoci il Caruso americano e la sua sfida con il cesenate Alessandro Bonci. I due spaccavano il pubblico: il primo, “signor tenore”, simbolo dell’ assoluto privilegio della linea vocale e del rispetto della grammatica musicale, l’altro più incline all’estroversione passionale e al segno del repertorio verista, soppianta il tenorismo idealizzato ottocentesco, incarnato proprio da Bonci. I due tenori cantavano al Met, mostrandosi al pubblico nemici ma, mentre nel dopo-spettacolo scoppiavano dispute e risse, i due amici-rivali si ritrovavano in qualche buon ristorante italiano. Le due stelle dei palcoscenici internazionali, si porranno non solo sulle tracce di Caruso e Bonci, ma saranno interpreti di ruoli creati da Rossini per Andrea Nozzari e Giovanni David, divi del Massimo partenopeo. Spyres si impone per l’impressionante estensione vocale che gli permetterà di affrontare senza esitazioni i “ruoli Nozzari”, Brownlee si cimenterà con i personaggi di David, grazie alla luminosità e la freschezza della voce, accompagnati dall’Orchestra Filarmonica Salernitana del Verdi, diretta da Michael Balke, direttore Principale del Teatro di St. Gallen. Si comincerà col Rossini dell’ Otello. La Cavatina, in ritmo di Marcia, “Ah sì, per voi già sento”, misurata nelle colorature vocali dal carattere eroico ancor più che erotico, quindi la virtuosistica aria di Rodrigo “Che ascolto?” Seguirà l’ouverture dell’ “Elisabetta, Regina d’Inghilterra”, nota come la sinfonia del Barbiere di Siviglia, in realtà dell’ Aureliano in Palmira, simbolo che la musica del pesarese si adatta alle situazioni drammaturgiche più disparate. Poi, il duetto dall’Elisabetta “Deh! scusa i trasporti”, con i suoi incastri certosini, prima di passare a “Ricciardo e Zoraide”, in cui le due voci si fonderanno in “Donala a questo core”, dai toni eroici e dall’ampio respiro, prima di chiudere con una pagina di raro ascolto, la Sinfonia del Conventello, uno dei primi cimenti di un Rossini quattordicenne, già crocevia di grandi cambiamenti. Passaggio al Donizetti di “Dom Sébastien, roi de Portugal”, in cui il protagonista in “Seul sur la terre”, passa dalla distaccata regalità, all’umanità senza riserve dell’eroe romantico. Si continua con “L’Africaine” di Giacomo Meyerbeer per la grand air di Vasco, dall’impasto delicatissimo ed evocativo: una rapita melodia a tradurre lo stupore di fronte alla bellezza del luogo, in “Pays merveilleux…O paradis”. L’ouverture di un’opera buffa di Ambroise Thomas, “Raymond”, dal finale brillante, farà da preludio al Rossini delle Soirées musicales e della Danza, la tarantella, intrecciata nel più infuocato dei moonlights napoletani. Una Serenata scritta dal mandolinista Calogero Adolfo Bracco per Don Enrico e, ancora il Rossini dell’ Otello con “Ah! vieni, nel tuo sangue”, duetto in cui si ascenderà ad un Re sopracuto, prima d’intonare il secondo inno d’Italia, “’O sole mio”, talismano di Napoli nel mondo.